Luglio, durante le solite chiacchiere di un martedì sera viene pronunciata la parola magica: “Spluga della Preta”.
A quel punto si progetta, forse quasi per gioco, un assaggio al primo pozzo di questa mitica grotta, ricca di storie, di esplorazioni e di avventure.
L’idea cade per un weekend di settembre, il 19 ed il 20.
Gli organizzatori principali di questa avventura sono i nostri amici del Gruppo Speleologico Mantovano, ed a prenderne parte sono: Sergio, Andrea (Ganzo), Nadia, Andrea (PicPac), Davide (Gandi), Francesco, tutti del GSM, ed io, Alberto (Pedro) di Exploring Academy.
Il weekend è iniziato sabato pomeriggio al Ponte di Veja, dove abbiamo anche bivaccato per la notte.
Preferisco tralasciare il racconto del sabato poiché non è stato altro che un normale allenamento in previsione del giorno dopo, soprattutto per assettare bene la propria attrezzatura personale e per ripassare salite, discese e rinvii (soprattutto perché quel disgraziato di Sergio ha la mania delle anse corte!!).
La notte passa tranquilla, anche se alla mattina tutti ci lamentiamo un po’, chi perché aveva sentito russare, chi perché aveva bevuto un po’ troppo la sera prima, ma forse la verità era una sola: l’ansia del 131.
Ci alziamo domenica mattina alle 7:30 e, dopo aver messo via tutto il materiale per dormire, carichiamo le macchine e ci avviamo verso Fosse, dove in un bar facciamo colazione. Proprio davanti al bar c’è un’indicazione stradale: Spluga della Preta, dentro di me la tensione comincia un po’ a salire.
Ci inoltriamo per una piccola strada asfaltata, che alla fine diviene sterrata, passiamo in mezzo ad alcune malghe sugli alti pascoli del Corno d’Aquilio, e finalmente arriviamo vicino alla malga di fronte alla Preta. Dopo aver parcheggiato le auto, la prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di andare a vedere l’ingresso della Spluga.
Apriamo il cancelletto in legno della recinzione che avvolge la dolina d’ingresso e, con molta cautela, ci avviciniamo alla dolina. Finalmente si vede l’ingresso di questa mitica grotta, che a dir il vero incute un po’ di timore e angoscia mentre si guarda in quel buco nero e si pensa che lì sotto c’è uno dei più bei pozzi al mondo.
La tensione sale.
Ci spostiamo alle macchine, ci cambiamo, ed alle 9 si comincia ad armare il pozzo con due calate. Dei sette che eravamo, scendiamo in sei, Sergio decide di non scendere, ci aspetta in superficie. Sergio ed il Ganzo scendono ad armare, intanto noi gli passiamo le corde. L’armo è partito dal traliccio che c’è all’ingresso, si scende e si fa un rinvio al terrazzino sotto tre – quattro metri, e poi il rinvio sull’orlo del pozzo.
Verso le 10:30 si è pronti per iniziare a scendere.
La tensione è davvero alta, soprattutto per me che è la prima volta che affronto un pozzo di questa altezza, completamente nel vuoto, ma anche per quel velo di misticità che ha questo famoso 131.
Le preoccupazioni erano varie: chissà come sarà ad avere 120 metri di vuoto sotto i piedi? E il discensore, come sarà gestibile? Tante domande. Forse era più la preoccupazione di scendere in un “mito”, che quelle tecniche (per’altro assenti).
I primi a scendere sono il Ganzo e la Nadia.
Il tempo passa, la tensione sale, continuavo a chiedermi: “ma come, non arrivano mai?!”. Finalmente si sente echeggiare, da lontano, il “lii bee raa”.
Ci siamo. E’ ora. Tocca a me. Scendiamo io e Andrea (PicPac).
In un attimo siamo al rinvio sull’orlo del pozzo. Mi allongio. Faccio il cambio discensore, faccio la chiave: cavoli quanto pesa questa corda !! Mentre faccio tutto questo non guardo sotto. Io ed Andrea ci scambiamo un’occhiata: siamo pronti a partire. A quel punto, non so il perché, guardo sotto….Santa Maaadoooonna !!!!!
A fatica si vede il fondo…è impressionante. Per un istante rimango li, immobile, ad ammirare quell’enorme voragine che avevo sotto i miei piedi penzolanti nel vuoto. Iniziamo a scendere, la corda è talmente pesante che bisogna darla dentro al discensore per poter scendere. I dubbi iniziali sulla discesa spariscono, mi tranquillizzo e scendiamo entrambi lentamente, primo per non scaldare eccessivamente il discensore e secondariamente per goderci questo magnifico pozzo, che definirei grandioso.
I sentimenti, i pensieri erano tanti: dallo stupore per quello che la natura ha creato, a quel senso di “piccolezza” dell’essere umano. La discesa è durata dieci – dodici minuti. Fantastica !! Anche noi diamo il libera. Mi preparo subito per fare qualche foto, per cercare di immortalare questo mitico 131, mentre il Ganzo e la Nadia sono andati a vedere la partenza del 108.
Arrivano sul fondo anche il Gandi e Francesco. Purtroppo non con una bella notizia: Sergio ci avvisa che è meglio cominciare la risalita, in quanto fuori il tempo sta peggiorando. Importante da tener presente il fatto che venti minuti prima, quando siamo entrati io ed Andrea, c’era il sole con solo una nuvoletta in cielo. A quel punto il Ganzo e la Nadia iniziano la risalita, mentre noi decidiamo di andare a fare una scappata veloce a vedere la partenza del 108. Percorriamo velocemente il meandro, due pozzetti, ed eccoci al 108. Due foto e poi, visto che erano già trascorsi diversi minuti, torniamo velocemente indietro, per paura di non sentire il via libera dei primi due che stavano risalendo.
“Lii bee raa”. Bene, sono circa le 13:15, ora toccava a me ed Andrea risalire. La risalita non mi preoccupava più di tanto, dopo i vari allenamenti che si erano fatti mi sentivo abbastanza sicuro. Infilo il croll nella corda, faccio passare un po’ di corda, e poi provo a salire…sbatto il mio posteriore per terra…faccio passare ancora un po’ di corda…sbatto di nuovo il mio posteriore per terra…non avendo esperienza in pozzi così alti, non immaginavo che bisognasse far passare così tanta corda per poter finalmente andare in “tiro”.
Finalmente riesco a partire. Alla faccia dell’elasticità della corda!! Per i primi venti o trenta metri si facevano delle oscillazioni verticali di oltre due metri!! Quasi da mal di mare. Poi ci si abitua, anzi se si riesce a sfruttare bene queste ondulazioni si risale facendo effettivamente meno fatica. La salita prosegue…ma ecco che dopo aver percorso circa una trentina di metri vediamo sulla nostra tuta delle goccioline.
Ci diciamo:”accidenti fuori piove, ma se è così fine, fastidio non dà”. Continuiamo a salire, ma dopo neanche due minuti, dalle goccioline si passa ad una copiosa doccia. Cavoli !! Poi sul casco si sentono dei “toc toc”: pure la grandine!! Praticamente ci siamo trovati a dover fare circa ottanta – novanta metri di risalita sotto ad un notevole temporale. Io ed Andrea rimaniamo sempre in coppia, aspettandoci a vicenda, soprattutto visto la situazione in cui ci trovavamo. L’acqua e la grandine continuavano a scendere, e noi pian piano a risalire.
All’inizio non mi preoccupava la risalita, ma ora invece sì. Il risalire cominciava a diventare faticoso, eravamo completamente bagnati, di asciutto non avevamo nulla, e poi cominciava anche il freddo. L’incubo più forte che avevamo era: “e se cade un fulmine sulla corda tesa?!”. Continuavamo a salire, ma molto preoccupati. Ogni tanto io ed Andrea ci sentivamo, mi son dovuto togliere persino gli occhiali, in quanto ormai con l’acqua non ci vedevo più nulla. Alzare la testa per guardare quanto mancava, significava bere.
Ma si continuava a salire, quattro o cinque “pompate”, dieci secondi e poi via. Finalmente il rinvio. Facciamo il cambio, ma anche se continuava a piovere a dirotto, non importava più nulla, eravamo fuori. Arriviamo al secondo rinvio, a quel punto ci scambiamo “un cinque”, poi in un attimo siamo al traliccio. Io ed Andrea ci abbracciamo. Con un’immensa soddisfazione urliamo a gran voce il “lii bee raa”. Siamo usciti, malgrado l’acqua, verso le 14:00, impiegandoci circa quarantacinque – cinquanta minuti.
Ci spostiamo subito alla baita che c’era vicino alle auto, che per fortuna alcuni turisti hanno aperto per poi prepararci un buon vin brulé caldo. Ci cambiamo, ma la preoccupazione era anche per il Gandi e per Francesco che dovevano risalire anche loro sotto l’acqua. Dopo circa quaranta minuti anche loro ci raggiungono in baita, completamente bagnati e infreddoliti.
Nel riordinare il mio materiale, noto che il mio sacco speleo è un po’ pesantino, ci guardo dentro e…che bella sorpresa! Avevo la bellezza di circa quindici centimetri di acqua!!
Alle tre del pomeriggio finalmente esce il sole, siamo andati a disarmare e verso le cinque ci siamo avviati verso casa.
Mi sento in dovere di dire “grazie a tutti”, in quanto è stata una giornata veramente ricca di molte emozioni.
Pedroni Alberto